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Zuppa

Divertissement linguistico in forma di minestrone

Dove si cerca di dimostrare che i dizionari non si fanno scrupoli a recidere i legami che uniscono le parole fra di loro. Magari lo fanno operando secondo un metodo scientifico, ma a noi profani – e non poco avventati – tutto questo tagliuzzare sembra piuttosto una irragionevole e superstiziosa dispersione di motivi culturali.
L’incontro con una serie di termini, quali
stoppa, stoppia, steppa, stoffa, stipula, stivale…, e con altri caratterizzati dalla metatesi di st- (ts- che si trasforma in z-), quali zeppa, zoppa e via di seguito, ci ha messo sotto gli occhi l’alternanza di una vocale nella radice: stip- step- stop- stup-. E forse sta(m)p-. Ed anche zip- zep- zop- zup-. E forse za(m)p-. Un minestrone inaudito, una vera zuppa.

Dove, dunque, si dice che il termine latino stipula, ‘cannuccia’, ‘calamo’ e simili, indica appunto una penna, con la quale, per esempio, potremmo stipulare un contratto. Si tratta di una cannuccia, che noi riempiamo di inchiostro, che deve chiaramente a questa sua primaria caratteristica – che poi dipende dalla sua cavità –, la sua capacità di stipulare. I dizionari invece fanno dipendere il significato di stipulare dall’usanza di spezzare, nell’occasione, una cannuccia, appunto la nostra stipula. È evidente che la cannuccia spezzata rappresenta simbolicamente la penna stessa, così che non possa scrivere altro!
Comunque sia, questa stipula-cannuccia è una stoppia, come quelle dei campi appena mietuti, ed è prossima alla stoppa e, forse, alla stoffa[1].
Stipula, naturalmente, rimanda al latino stips e stirps, alla grande famiglia degli stipi e degli sterpi, nonché agli stipiti, ai capostipiti, alla stirpe e a una stipsi alquanto occlusiva. Eppure la stirpe deve essere cava per consentire il passaggio della linfa vitale, cioè il suo propagarsi o propagginarsi. E cavo dovrà essere uno stipo se vogliamo riporvi qualcosa.
Se, inoltre, ci avviciniamo alla stiva, allo stivare e stipare, o allo stivale scorgiamo ancora una volta gli elementi consueti del nostro discorso… Nella stiva si stipano le merci. Sarà, dunque, assai difficile che lo stivale derivi, come riportano i dizionari, da aestivale, che in latino significa ‘estivo’, oppure da tibiale, che indicherebbe la parte del corpo interessata alla protezione. Sconosciuta ai dizionari, pertanto, la vera natura del nostro calzare, ma non a chi lo abbia usato: stivare e calcare il piede fino in fondo, pigiando con forza.
Se ci aggiriamo ancora per il nostro labirinto chiedendoci quale sia il senso di tutto ciò, ne scaturisce l’idea di una cavità non sempre distinguibile dalla sua occlusione. In fondo, anche la stipula, cava, serve per chiudere un patto. Si dica, quindi, che stipula si dice in latino anche stupula, la quale è chiaramente contigua alla stoppa (lat. stuppa), alla stoppia e forse anche allo stupore, questo mitologico e caotico atteggiamento dell’ignoranza, questo restare a bocca aperta.
La stoppa – suggerisce Timothy – comporta lo stop. Anche uno stoppaccio – ‘batuffolo di stoppa con cui si fermavano gli elementi di carica dei fucili’ – serve, un po’ come uno stop, a occludere.
Se notiamo, dunque, che la sfera entro cui si muovono i nostri lemmi è sempre quella del turare-farcire-bloccare, non ci sfuggirà nemmeno che siamo sempre vicini a un fuoco, naturalmente più o meno metaforico. Lo stoppino, del resto, è un ‘lucignolo di candela’.
Infine, dopo aver avvicinato la stoppia alla steppa, non resistiamo più alle insistenze di Timothy: che stop e step ne riproducano la relazione? E che dire del loro rovescio metatetico, che fa tsop e tsep, cioè zop– e zep-? Che lo stop sia la negazione di uno step, cioè di un passo inglese? Che il passo inglese, step, sia analogo a una zeppa che ci permette di camminare meglio? Che una stipula sia all’origine di uno zip, ‘chiusura lampo, propria dell’America del Nord’ [che il dizionario, tuttavia, descrive come «voce inglese (1928) di origine onomatopeica»]? Eppure, noi conosciamo uno zipolo che è il ‘legno col quale si tura il buco o spillo fatto nella botte’. Che una stupula, ‘cannuccia’, sia all’origine dello zufolo? Non è affatto improbabile. Zufolare, che secondo il dizionario deriverebbe da una variante rustica di sibilare, sembra invece il frutto evidente di uno stupulare (tsupulare) che indica esattamente la dinamica propria di chi suona lo zufolo, cioè di chi, con una sorta di zipolostantuffo, chiude e apre, a seconda della nota che vuole emettere, la cavita della sua stupula o cannuccia sonora. Per lo stesso motivo, da stuppa (che, come si è detto, è una latina ‘stoppa’), si potrebbe tranquillamente arrivare alla zuppa. E che dire allora, risalendo il nostro alfabeto, di zampa? Che sia vicina a stampa, come l’inglese stamp? In fondo, una zampa stampa l’orma sul suolo. O che assomigli a una zappa?
Ma ora siamo stufi.

[1] Non ci sembra troppo difficile che la stoppa – latina stuppa e stupa, greca styppe – abbia a che fare con la stoffa: entrambe servono a imbottire, farcire, chiudere, calafatare (cfr. DELI alle voci). E stuffed – come ci ricorda Timothy – significa ‘stufato’ e ‘imbalsamato’. Ci viene in mente anche una stufa.